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Grimes – Miss Anthropocene

“Miss Anthropocene” è un concept album ispirato a una dea del cambiamento climatico e in cui ogni canzone rappresenta uno stadio diverso dell’estinzione umana. Confusi?

Il nuovo (come si chiama adesso LP o Full Length Release?) di Grimes arriva dopo 5 anni di attesa dal precedente Art Angels, lavoro che l’ha consacrata come pop star ormai a suo malincuore, per mancanza di termini migliori, “mainstream”. Una Gravidanza e un lungo travaglio con complicazioni che sembravano non avere fine, tra cui una citazione in tribunale. E ora penserete si stia crogiolando su un divano, tirando un sospiro di sollievo e guardando l’estratto conto da un anonima residenza losangelina. Sì è vero sta spesso su un divano ma solo per ingozzarsi di cibo, rispetto ai suoi bassi standard, e affrontare un altro parto quello del figlio concepito (forse) con il suo compagno Elon Musk. Proprio lui, l’imprenditore che ha fondato Paypal, Tesla, SpaceX etc.). Non ci si annoia di certo a casa Grimes/Boucher (Claire Boucher è il vero nome di Grimes).

Chi è quindi Grimes? Un ragazza/donna/futura madre classe 1988 molto iperattiva e apparentemente distratta. Parlò tempo fa della sua musica come non definibile in un genere esistente, ma come appartenente al genere ADD (Disordine del deficit dell’attenzione).

Grimes/Claire è la ragazza pretenziosa che hai probabilmente incrociato in università, che ascoltava, leggeva o vedeva tutto quanto c’era di figo da cui attingere ispirazione. Femminista, vegana a periodi alterni, appassionata di fantascienza, tecnologia, intelligenza artificiale, arte moderna, moda, video musicali, produttrice della sua musica dalla prima all’ultima battuta. E perennemente in bilico sul confine tra indie (nella sua più ampia accezione internazionale) e pop. Una voce sepolta, spesso modificata e distorta, sotto una cascata di effetti. E nascosta come il vero io di Claire Boucher che si esprime attraverso l’alter ego Grimes, un progetto artistico nato in una cameretta a Montreal più di 10 anni fa e ora disperso nella memoria digitale di internet sotto forma di canzoni, video e molteplici riferimenti alla sua persona. L’ultima mutazione del suo DNA l’ha scherzosamente battezzato Ethereal Nu Metal.

La scelta di autoprodursi, di scegliere e vagliare ogni minimo dettaglio dalla copertina al video del suo progetto è sempre stata mossa dalla volontà di dimostrare che anche una giovane ragazza come lei poteva interessarsi di aspetti tecnici ed essere indipendente. Alla libertà che uno può decidere di gestire in autonomia si accompagna in questi anni di sovraesposizione mediatica all’essere imprigionati nell’interpretazione che però il mondo ha di te. Tutti commentano cosa dici, con chi esci, che cosa pubblichi su Instagram, Tumblr e anche le azioni di chi sta accanto. A volte tutto ciò ha a che fare con la musica a volte no. Dalla pubblicazione di Art Angels nel 2015 Grimes ha dovuto confrontarsi con la scelta di stare contemporaneamente nel territorio sperimentale e in quello dello stardom internazionale. Una scelta / non scelta difficile che l’ha spessa messa in crisi. Un tempo tra le due cose dichiarò che avrebbe scelto di essere libera di esprimersi senza limitazioni piuttosto che essere famosa.

Timida, introversa e a disagio a volte nelle esibizioni dal vivo, si diverte un mondo quando si cala nell’universo parallelo del suo personaggio pop Grimes, una star pop ancora con il cartello lavori in corso ben in mostra.

Nel 2018 vomitando acido in più di una occasione sulla sua casa discografica annuncia di voler pubblicare due album successori di Art Angels, uno con la 4AD (la sua label attuale, che ha anche pubblicato Miss Anthropocene, ultimo lavoro previsto dal contratto) e uno per un’altra label da scoprire, indicando che il primo sarebbe stato un album collaborativo e gioioso mentre il secondo puro caos. Quello che ci troviamo per le mani due anni dopo è un oggetto controverso e non sembra appartenere a nessuno dei due identikit tracciati per il momento.

Miss Anthropocene è un concept album ispirato a una dea del cambiamento climatico e in cui ogni canzone rappresenta uno stadio diverso dell’estinzione umana. Confusi? Secondo Claire il mondo non parla abbastanza di questo tema e che forse “sarebbe stato un po’ più facile guardarlo” non solo come “una apocalisse astratta”. “Alla gente non interessa, perché’ ci sentiamo accusati. Vorrei rendere il cambiamento climatico un qualcosa di divertente”. In realtà il tema è anche autobiografico, l’essere compagna di Elon Musk l’ha resa agli occhi di molti sua fan una traditrice dei suoi stessi ideali, e che doveva essere costretta ad interpretare la parte della “cattiva”. Perché’ non farlo in maniera artistica, citando come sue ispirazioni per questo nuovo alter ego Joker e Thanos?

Tutti si aspettavano un album in stile Elettronico / Nu Metal come il singolo che aveva anticipato l’album nel 2018 e sembrava indicare il nuovo corso, la stupefacente “We Appreciate Power” in coppia con la cantante Hana Pestle (che l’aveva accompagnata anche nel 2016 per due spezzoni del tour di Art Angels). “We Appreciate Power” tratta sempre in modo ironico il tema dell’intelligenza artificiale e del transumanesimo, dichiarando fedeltà e sottomissione alle future divinità informatiche. Per chi ha tempo da perdere consiglio la ricerca del Roko’s Basilisk su Google, per meglio comprendere la tematica. Sta di fatto che raramente chitarre elettriche, A.I. ed elettronica sono state viste unirsi in una così perfetta armonia (purtroppo la performance live da Jimmy Fallon è stata rimossa da Grimes stessa e non vi resta che vedere il lyric video ufficiale: https://www.youtube.com/watch?v=gYG_4vJ4qNA).

L’album è una creatura diversa. Meno Nu Metal piu’ Ethereal. La lunga introduzione di ‘So Heavy I Fell Through the Earth’ con quella singola nota di elettrica sembra essere la transizione sonora da ‘We Appreciate Power’ verso il muro di voci di Grimes che lentamente tessono una suggestiva trama su un tempo chill out. Non resta che arrendersi alla apparente semplicità della traccia e alla sua complessa veste sonora. Sono 6 minuti che al primo ascolto sembrano troppi, ma in realtà se prestate attenzione vi accorgerete che c’è un disegno ben preciso che va a confluire perfettamente nel secondo atto scritto in collaborazione con Pan Wei-Ju (che già aveva contribuito con una traccia in Art Angels).

Electro Rap in Mandarino, con una anti-strofa cantata da Grimes in inglese. Oltre. “Darkseid” il titolo del brano è un riferimento a un personaggio della DC comics (quindi appartenente alla saga di Superman). Sulla terza traccia abbiamo un’altra folle commistione, in cui echi country e un doppelganger di Avril Lavigne ci raccontano una storia di amici persi per via dell’eroina. Attenzione, quindi, si possono scrivere canzoni sulla droga anche se non si è Neil Young? Giù un altro muro.

Un pezzo che se fosse cantato e arrangiato per una teen popstar probabilmente sarebbe suonato in uno stadio pieno di famiglie bianche WASP. Purtroppo è in un album di Grimes e viene subito prima della splendida “Violence” che ci riporta nel 2020. Questa è una seconda collaborazione di Grimes con i_o (una specie di deadmau5 meno famoso e più alternative). La pausa a metà canzone con quel crescendo di sintetizzatori è un piccolo capolavoro. Miracolo anche con idee musicali così semplici, Grimes ci rovescia addosso black magic a base di transistor e drum machines.

Magia che si ripete ancora con “4AEM”, perfetta colonna sonora per una location stile Ghost in the Shell nei sobborghi di Tokyo. Cerco il testo e scopro dove aver pensato questa frase scontata che 4AEM è la colonna sonora di un computer game chiamato appunto Cyberpunk 2077. Siamo già a metà dell’album e ho già voglia di rimetterlo dall’inizio.

Grimes non ha perso tempo e si sente. Ha studiato pop, comunicazione e si circonda dei giusti collaboratori. Sì, la follia intermittente di Visions è qui filtrata e ordinata. Se fossimo qua a parlare di suoni e di tecnica ne faremmo degli elogi. Ma a questo punto se questo album è il primo dei due episodi, cioè quello allegro e solare, cosa ci dobbiamo aspettare dalla seconda parte che sarà pubblicata a seguire? Claire ci ha promesso puro caos.

Nell’attesa fate un tuffo in ‘My Name is Dark’ e lasciatevi ingannare dalla piccola sirena canadese per poi ritrovarvi nella Dark Apocalypse di Grimes. Volume a 11.

King Crimson – 6th November 2016 – Teatro degli Arcimboldi, Milan

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Q. Where does music come from?
A. Where was the world before it was made? Find that place and you will find Music. (Robert Fripp)

 An artistic discovery 
occurs each time as a new and unique image of the world, a 
hieroglyphic of absolute truth. It appears as a revelation, as a 
momentary, passionate wish to grasp intuitively and at a stroke all 
the laws of this world — its beauty and ugliness, its compassion and 
cruelty, its infinity and its limitations. The artist expresses these 
things by creating the image, sui generis detector of the absolute. 
Through the image is sustained an awareness of the infinite: the 
eternal within the finite, the spiritual within matter, the limitless 
given form. (Andrei Tarkovsky)
“We're all lonely for something we don't know we're lonely for. 
How else to explain the curious feeling that goes around feeling like 
missing somebody we've never even met?” (D.F. Wallace)

I don’t the place where music come from. Yet. I know it moves me to another place, closer to that somebody I have never met or at least to its reflection.

My purpose for this concert is not to listen (or to listen as little as possible) anything produced by the new line up. I want to arrive unprepared, so the music can again surprise me.

I have one thing in mind. Robert Fripp said in a video that no matter when a piece of music was composed you can always approach it like it is something new. And in fact music is something that takes place in a moment of time. It begins, it exist and it ends. It is what you can call an event.

I arrive early at the venue. I spot a few people outside and I met a couple of guys I know. They are true prog-heads. They consider King Crimson an institution and they know an awful lot about them. I discovered KC in 1995 when I was in high school. Thrak just came out back then and it was my personal version of grunge back then. Yes I listened also to Nirvana, but I found the same urgency in that album too… And then my favourite album was TKOL in 1999. I listened to that album until I lost it.

So I am not a veteran that’s for sure. I don’t own all the albums or any of the box set, but I think I have to be here tonight. While I am waiting for the beginning a couple of announcements explain when it is the right moment to take photos. The request is to live ‘in the moment’ and to be here with our minds, our ears and our eyes on what we have in front of us. I really thank for this. Even if the people around me gets annoyed a bit I think it is great to just concentrate on the ‘event’ and forget for an evening to take another useless bad photo or video.

When the musicians enters the stage I am projected back in time. I might as well be in the Habsburg empire, in a theatre in Vienna and an opera is starting. An alternate futuristic version of 19th century. They even tune up.

After the tuning up, the beginning is a massive rhythmic illusion relentlessly driven by Mastelotto, Stacey and Harrison aka the “front line”. I know that the party is going to be fun. And wild too.

I am almost completely strange to the first 7-8 tracks but there’s no issue here. I have a 20-something girl in front of me constantly head banging. Forget about labels and expectations, this is rock, but also something else. It is like in my alternate reality I am listening to chamber music but with the ears in 21st century (no pun intended). There is no time as I feel all this music has become a classical repertoire (in the best sense of the world classical). But also new at the same time. Why can’t complex music be also popular?

This concert is indeed a party, a tour de force, a travel to unknown places, dark corridors and magnificent halls.

And this band is probably one of the few that can bear the title of being ‘indie’. No record label, marketing, strategies. Only music and the artist. No filler content to replace the lack of ‘real’ content. I am probably witnessing something unique.

Red lights on Starless middle section. What is our grey hope? And then the ending…

“Nothing he’s got he really needs
Twenty first century schizoid man.

We are still looking for what we really need, may this question be answered one day…for tonight the promise I to see this band again.

The magnificent seven: Collins, Fripp, Harrison, Jakszyk, Levin, Mastelotto, Stacey

Set 1
Tuning Up
Hell Hounds of Krim
Pictures of a City
Cirkus
Fracture
The Letters
Sailor’s Tale
Peace: An End
Radical Action (To Unseat the Hold of Monkey Mind)
Meltdown
VROOOM
The Court of the Crimson King
Easy Money
Radical Action II
Level Five

Set 2
Fairy Dust
Lizard (‘The Battle of Glass Tears – Part i: Dawn Song’)
Indiscipline
Epitaph
The ConstruKction of Light
Red
A Scarcity of Miracles
The Talking Drum
Larks’ Tongues in Aspic, Part Two
Starless

Encore:
Banshee Legs Bell Hassle
21st Century Schizoid Man

Polly combina guai

Simon Reynolds (uno dei piu’ importanti critici britannici) mi ha scritto che il 2015 e’ stato un anno di poco interessante per la musica (gli chiedevo qualcosa di nuovo da ascoltare). Si Simon Reynolds, vi risponde se gli scrivete  Non se la tira oppure e’ semplicemente sempre collegato a gmail. Quello che accade oggi nella musica dice e’ “poco interessante”. Da inglese non si sbilancia come noi italiani che invece siamo abituati a far venire a galla le nostre emozioni con ben altre parole e gesti.

In effetti nel 2016 i miei gruppi preferiti sono quasi tutti morti, o non fanno reunion. Prevedo che tra 5 anni saro’ costretto ad ascoltare Cornelius Rifo e il Volo. Nel caso avvenga spero di diventare sordo prima e vivere della memoria di musica prima che tutto andasse a male.

A causa di una tristezza per tante porte che si chiudono e vite incrociate per un attimo  (blinking lights) ritorno  ancora agli anni ’90 a colei che incarno’ allora (e ancora oggi) la persona che vorrei avere come amica, moglie e in uno scenario piu’ realistico sorella spirituale.

Non so perche’ forse per l amicizia comune con John Parish l’accosto al signor Mark Everett. Inossidabile, eterea e terrena al tempo stesso, multiforme, ma sempre vera ed emozionante Polly Jean Harvey.

“Polly Jean è la ragazza con le mani più fredde e le labbra più calde
che abbia mai conosciuto.”
(Nick Cave)

Potrei dire che ha esaurito buona parte del vocabolario alternative rock insieme a Mr.E. Quel filone legato indissolubilmente alla voglia comunque di raccontare una storia e di mettere la canzone prima di se stessi.

Ascoltarla oggi e’ come lasciare la citta’, i cari vecchi e freddi neon e immergersi nel silenzio, in una terra antica ed eterna, riscoprire tutti gli stati emotivi sopiti. La morte dell’anima e’ un po’ piu’ lontana. Ma di certo Polly non e’ mai stata un personaggio solare. Torbida agli inizi, arrabbiata ma non solo. Scandalosa per alcuni testi e allusioni non rimane ferma. Dal primo album “Dry” del 1992 fino a “Is this Desire?” del 1998 i cambiamenti ci sono e tanti. Con in mezzo “To Bring you my love” in cui troviamo “Down By the Water”, “Meet Ze Monsta”, “C’mon Billy” e “Send His Love to Me”.  “Is this Desire?” rimane l’episodio piu’ eclettico da cui ricordo il video di “It’s a perfect day Elise” e “The Wind” in rotazione costante su MTV.

Caro Dio, la vita non è gentile. Persone nascono per poi morire. Ma ho sentito che c’è gioia indicibile. Distesa come una strada davanti a me.” (Angelene)

Uno dei dischi alternative da scoprire rimane la collaborazione con John Parish del 1998 “Dance Hall at Louse Point” da cui si ricorda l’emotiva “Civil War Correspondent”.

L’anima ribelle torna a farsi sentire e in “Uh Uh Her” ci sono un paio di canzoni che stendono a terra, tra riff pesanti e presenza vocale (tra cui la divertente “Who The Fuck”) che mandano a casa gli ultimi 15 anni di rock indie maschile a calci nel culo. Polly sale in cattedra.

The best is yet to come, perche’ l’eternita’ di alcuni momenti di “White Chalk” e soprattutto di “Let England Shake” sono inspiegabili. La piccola ragazza della campagna inglese stupisce ancora nel modo piu’ elegante possibile mostrando tutta la maturita’ di una persona che cambia con gli anni.

Non appena resto da sola, Il diavolo si aggira nella mia anima” (The Devil)

Il tema della guerra visto da un punto di vista esterno, senza dare giudizi politici rimane il filone principale dell’ultimo episodio nell’album “Let England Shake”

“Cos’è che solca il suolo del nostro glorioso paese?
Non aratri di ferro
Cos’è che viene seminato nel nostro glorioso paese?
non è grano né erba” (The Glorious Land)

Oggi vanno di moda artisti modellati per piacere ma in fondo senza speranza. PJ non e’ certo perfetta, ne’ carina. Ma se arrivo in Paradiso sono certo di trovarla la’ e allora potro’ guardarla negli occhi e dirle “ora sei tranquilla Polly Jean?”

 

Sufjan Stevens Live – Il concerto di Milano: una celebrazione della vita qui ed ora

Sufjan Stevens, per l’uscita dell’album Carrie and Lowell, ha suonato il 21 settembre scorso al Teatro della Luna a Milano nell’ambito del suo tour europeo dedicato al suo ultimo lavoro. L’artista ha presentato nel corso del concerto “Carrie and Lowell” nella sua interezza. Undici canzoni che riguardano la storia della sua famiglia e in particolare di sua madre. Morta nel 2012, con lei ebbe un rapporto travagliato per via di problemi legati alla droga e al disturbo bipolare della stessa.
Il tema non è certo dei più leggeri: l’ultimo album è infatti una sequenza di canzoni spoglie ed essenziali che meritano di essere ascoltate con attenzione dall’inizio alla fine. Sufjan Stevens è di certo un personaggio controverso e in continua ricerca. Cristiano ma senza un luogo di riferimento ben preciso, ha vagato sia fisicamente che musicalmente tra le varie tradizioni degli States affrontandone le varie stagioni musicali senza sosta. Musicista tanto colto per preparazione quanto limitato per estensione vocale, mostra in questo concerto quanto l’approccio usato sia distante anni luce dai talenti vocali che puntano a conquistarci nel giro di pochi secondi. Il limite della voce viene qui utilizzato come strumento anche involontariamente, quando apre con voce tremate la prima strofa cantata della serata per esprimere qualcosa che va oltre.

E’ una serata di una tensione palpabile, subito fin dalla delicata introduzione con lo strumentale Redford tratto dall’album Michigan. Con lui sul palco James McAlister, Ben Lanz, Casey Foubert e Dawn Landes. L’atmosfera diventa solenne.
>L’esecuzione dell’album scorre senza sosta e senza interruzioni da parte di Mr. Stevens, con le canzoni che si fondono una dentro l’altra suonate in maniera impeccabile quanto sincera. In certi istanti la poetica è vicina a Nick Drake (penso in particolare a certi episodi dell’album Pink Moon). “I forgive you mother but I long to be near you” canta nel secondo pezzo <Death with Dignity e in Blue Bucket of Gold che è l’ultimo brano della prima parte del concerto un lungo strumentale fa da coda portandoci in un luogo sospeso e sognante.
Dichiara Sufjan in un intervista “Non conoscevo mia madre sotto molti punti di vista e non sapevo come dirle addio nell’ultimo brano. Così ho smesso di suonare il piano e di cantare. Mi volevo arrendere davanti a lei con suoni che fossero più grandi me…”. In un certo senso questo senso di resa è stato evidente sia per il pubblico che per i musicisti. Quando c’è una storia da raccontare, chi suona è come costretto a fare un passo indietro e a restare sia fisicamente che musicalmente nell’ombra per dare la possibilità alla canzone stessa di emergere.

Al termine di questa prima parte Sufjan dichiara: “Scusate se stasera ho suonato solo canzoni tristi. Vi devo dire che portare in concerto queste canzoni dolorose per me e condividerle con il pubblico sera dopo sera è stato qualcosa di positivo. Stasera siamo qui a celebrare la vita e quello che c’è ora, i nostri cuori che battono.”

Dopo una breve pausa torna sul palco questa volta per eseguire cinque brani registrati nel passato che sembrano non attaccati in maniera posticcia come bis, ma semplicemente sono un altro aspetto della sua storia. Porto a casa due lezioni da questo timido musicista. La prima e’ che e’ possibile un superamento dei generi.

E’ possibile usare elementi diversissimi della storia musicale recente e farli convivere in una bellezza armoniosa come e’ accaduto stasera grazie anche alla band che lo supporta.
La seconda e piu’ decisiva, e’ che la musica puo’ essere ancora importante, e non un sottofondo o una playlist da scorrere senza sosta. Il dramma della vita che affiora in alcune grandi canzoni non passera’ certo per radio o nei talent. Ha bisogno di uno spazio delicato e dedicato, esclusivo, cui mettersi davanti dando tutta l’attenzione. Come quando leggi una poesia, o dici ad una persona che le vuoi bene. Non puoi farlo in mezzo a tutto il resto.

Sono sicuro che sentiremo ancora parlare di Sufjan, in chissa’ quale nuova avventura musicale.

90’s again – Il tempo è circolare

Tutto cio’ che riempie quel non-luogo chiamato indie rock portando con sè tutta una carica di autoreferenzialità (almeno in italia) lo fa promettendo un ritorno alla radice, alla semplicità, all’originalità. Tutti queste promesse definiscono più le intenzioni, più il modo di produrre e distribuire che il contenuto musicale o delle lyrics.

Il concetto di indie label esiste fin dal rhythm & blues degli anni ’50. Le etichette indipendenti dal circuito nazionale al quale non si potevano sicuramente opporre. Un esempio è la Sun Records. L’indie label probabilmente distribuiva dischi sul furgoncino che faceva il giro della contea. Ai tempi della radio Elvis probabilmente non sarebbe stato distribuito a livello nazionale se non avesse mollato la Sun Records per la RCA Victor sotto la guida del famigerato colonnello Parker.

Le altre tematiche meno capitalistiche sono la dichiarazione di indipendenza dalla corrente dominante del pensiero. E in effetti il lato “weird” dell’indie rock esiste eccome. In molti casi la «weirdness» si riduce ad una serie di soluzioni compositive meno usate di altri (canzone senza ritornello, finale infinito con volumi esagerati), ma nella maggioranza dei casi si riduce al lo-fi e al crossover di generi diversi tra di loro. L’indie rock non è un genere e dentro esso ci possiamo trovare tutto dal folk rock, armonie vocali, sintetizzatori, musica elettronica, banjo, archi, pop, heavy, hip-hop, campionamenti di altri brani, art-rock.

Come l’R&B era definito dall’audience a cui si rivolgeva, l’indie rock si potrebbe pensare come rivolto a una fascia di audience sicuramente tra i 20 e 30 anni. Non parla di ribellione, non parla di impegno sociale. E’ una dichiarazione di indipendenza di fatto contro le definizioni. La ribellione contro lo svanire della libertà portato dalla fine dell’adolescenza, il cercare di permanere dentro una situazione di eterno stallo tra l’onesto cazzeggio universitario e gli obblighi del mondo adulto tra cui il presentarsi in ufficio tutti i giorni alla stessa dannata ora. A volte sono i musicisti stessi a voler incarnare questa resistenza. Non di rado si incontra la figura non talentuosa, che si permette di fare tour e dischetti di poca importanza senza un reale seguito a giustificare la sua stessa esistenza (magari proveniente da famiglia facoltosa).

Questo rinascimento più voluto che realizzato nei fatti ha portato una serie di vantaggi/cambiamenti per il pubblico di riferimento:

  • – Concerti a basso prezzo del biglietto (quelli che già non compravano i cd ora possono anche pagare una cifra ridicola i concerti).
  • – Piu’ concerti locali del gruppo preferito, l’attività live è preferita alla pubblicazione discografica (per colpa degli stessi che non comprano più i dischi).
  • – Festival comunitari dove si respira l’atmosfera a metà tra vacanza e zapping musicale tra i 3 palchi disponibili. Una woodstock in miniatura senza folla oceaniche. Lo scazzo vuole non fare la coda anche per l’ingresso.
  • – Più scelta/novità nel panorama. Nuovi gruppi da seguire che nascono di continuo, una aumentata varietà dell’offerta.
  • – Vicinanza di linguaggio tra artista e ascoltatore. Spesso artista e ascoltatore se non sono coetanei e non hanno le stesse idee sulla vita, parlano però la stessa lingua, ironizzando su le cose che ci circondano (l’esempio dei Cani soprattutto con il disco d’esordio è degno di nota).
  • – Relazione con la musica lontana dal fanatismo ma più casual.

Se tutto questo non ha un preciso momento di nascita, ho voluto stilare quelli che per me sono i capostipiti di questo modo di fare musica. Piu’ precisamente torniamo in un intorno degli anni ’90 dove la corrente cosiddetta alternativa ebbe un momento di fioritura. I seguenti artisti hanno già usato e detto in quel periodo tutto quello che oggi viene riproposto in varia misura da gruppi e gruppetti, comprimari di seconda, terza o quarta generazione.

– I Pavement di Stephen Malkmus con il disco del 1992 Slanted and Enchanted considerato un capitolo importante della musica indie lo-fi. Californiani sono l’essenza del gruppo con produzioni low-budget e l’etica surreale/hippie/criptica sulla provincia americana. Ottimi per un viaggio con gli amici verso la spiaggia.

Guided by Voices dall’Ohio. Altro gruppo lo-fi dedito in alcuni momenti alla registrazione su 4-tracce a nastro. piu ‘di 20 album in carriera piu’ lavori solisti del leader. mischiano psichedelia, garage e prog su brani spesso brevissimi.

Elliott Smith.Il suo disco di debutto fu realizzato con un microfono economico, un 4 tracce e una cantina come studio. Pubblicato dalla Cavity Search dell’Oregon. Elliott Smith suona tutti gli strumenti. E’ un disco acustico da songwriter emblematico di un certo modo di proporre musica e di un mood acustico secondo le stesse parole di Elliott assolutamente fuori luogo nel 1994 dove «c’erano solo il Nord ovest, Mudhoney e Nirvana».

Neutral Milk Hotel. Con In the aeroplane over the sea, il campagnolo e disoccupato Magnum mischia elementi punk a songwriting folk e psichedelia. Aeroplane diventa uno dei vinili piu’ venduti nel 2008 grazie alla successiva ristampa. Nel momento di maggior successo dovuto all’album in una mossa assolutamente alternative si sciolgono rifiutando tour e offerte di concerti con gli R.E.M.

The Magnetic Fields attivi dal 1990 pubblicano nel 1991 69 Love Songs un set di tre CD con 23 canzoni ciascuno. Si ricorda la canzone book of love dotato di un testo particolarmente efficace. La band usa una strumentazione alquanto disparata passando dall’elettronica alla formazione completamente acustica.

Yo La Tengo. Il prototipo di band “artsy” cioè non conforme ai più diffusi canoni stilistici. Vengono da Hoboken, NJ e sono guidati da Ira Kaplan e Georgia Hubley. Qui siamo nell’ambito noise pop. Atmosfere tranquille e rilassate. Un buon esempio della loro produzione è Moby Octapad brano dall’album del 1997 I Can Hear the Heart Beating as One.

My Bloody Valentine di Kevin Shields e Belinda Butcher da Dublino. Lo stile vocale che ha ispirato gruppi come Lush e il genere shoegaze e il mix con le voci nascoste dietro un muro di chitarre (oggi suona gia’ datato ma ripreso da molti). Album del 1991 Loveless definisce le coordinate del classico indie-rock.

Uncle Tupelo di Jeff Tweedy e Jay Farrar successivamente fondatori rispettivamente dei Wilco e dei Son Volt. Ritorno alle origini del folk. No Depression titolo del loro debutto nel 1990 è il richiamo ad una canzone della Carter Family.

Whiskeytown dal Nord Carolina con a capo l’iperprolifico, sempre fatto ma attaccato alla tradizione come pochi Mr. Ryan Adams. Un altro ritorno al vecchio country e al vecchio folk. L’etichetta della band si chiama Mood Food.

Beck vero nome Beck Hanson di LA. Proveniente da autoproduzioni nell’indie scene nel 1994 pubblica con la Geffen Records il disco Mellow Gold con la hit Loser. Beck rappresenta il lato più patchwork dell’indie con drum machine, campionamenti, riletture di generi ma rimanendo dentro un ambito pop. E’ l’indie sdoganato da MTV, sul quale vengono passati spesso i suoi videoclip per obbligo morale dotati della weirdness di cui sopra.

L’acqua è bagnata, il cielo è blu ed è impossibile non citare i  Sonic Youth.  Menzione d’onore per Daydream Nation (1988) tra gli altri album. Alfieri e i padrini del fronte alternative e noise USA, quello che faceva sanguinare le orecchie senza mezze misure. Emblematico come struttura e poetica il brano Schizophrenia del precedente Sister del 1987. Gruppo stoicamente indie non entra mai nella sfera dei grandi neanche quando i Nirvana nel 1991 sdoganano definitivamente dissonanze e feedback su MTV.

Memories

Settembre del 1991, con il libro di matematica aperto. La radio va in sottofondo con un nuovo pezzo di un gruppo sconosciuto. Un trio grezzo e potente con quella linea melodica che ti entra subito in testa e il ritornello in cui entra un distorto che poco ha a che vedere con il bel suono. Nella mia testa inconsciamente entra l’ultimo grande sussulto. Ormai ho idealizzato quell’instante che ben poco aveva di ideale.

Il pomeriggio andava poi cosi. Si smetteva di fare qualcosa e si prendeva un disco. Lato A e Lato B dall’inizio alla fine. Con attenzione se il disco non era tuo, a posare piano la puntina del giradischi. Ne ho graffiati all’inizio. Quell’insopportabile click si sentiva dappertutto…

C’era un negozio in città che oggi vende articoli per cani e altri animali da casa. Il giorno della chiusura la guardia di finanza arrivo’ per distruggere accuratamente tutti i vinili rimasti invenduti (cosi vuole la legge) e portarsi via quello che trovava di gradimento. Il negozio di animali invece ha chiuso pochi giorni fa.

Un caliedoscopio con mille riflessi e colori. Qualcuno dice che la rivoluzione è in effetti arrivata, al grido di “ORA!”. Computer music again…(ma gli anni ’90 non erano finiti?)

La realtà mi dice invece che stiamo rallentando, anzi io mi sono già fermato e vivo solo del passato. It’s the addiction to our past (come detto qualche post fa). Mi piacerebbe fare un salto all’epoca dell’impero Romano durante la decadenza per vedere quale atmosfera si respirava prima del grande crollo. Perchè sono cosi’ negativo? In fondo mi aspetto che dal periodo di crisi creativa ci sia una nuova scossa come fu con il R’n’R. Oppure la piu’ grande paura, l’invasione della musica indiana e cinese…

Ascolto i Tame Impala e mi chiedo che faccia abbia questo 2013. 1960, 1970, 1980…Nessuna probabilmente e tutte quante insieme?

Questo punto di vista è influenzato dal fatto che stasera ho mangiato veramente male, ho fatto troppa filosofia alle superiori o forse che devo ancora idealizzare questo 2013? Nel 2033 potro’ forse voltarmi all’indietro e dire che “ah il 2013 quando usci’ il disco dei One Direction”.
Non credo…no e nemmeno per i Mumford&Sons…
Ho appena parlato con un tipo via internet il quale sostiene che si in fondo anche la musica dal 1970 in poi non è niente di nuovo…estremista!

In realtà sommando mp3, youtube, napster, facebook, myspace, kickstarter, stageit abbiamo avuto una rivoluzione culturale nell’industria e nel modo di ascoltare la musica piu’ o meno inconsapevole. Ma la stessa rivoluzione non si può dire che sia avvenuta per nuove forme o stili. Come immaginiamo la musica del futuro?

Negli anni ’60 Jerry e Silvia Anderson creatori della serie UFO, si immaginavano un fantascientifico futuro con la base lunare, astronavi e tecnologie incredibili ambientando la storia nel 1980. In realtà non siamo andati cosi veloci, e le promesse di quell’epoca non si sono ancora realizzate nel 2013 (le astronaute con le parrucche viola soprattutto quelle)

 

60’s was the future, c’era una ragazza di nome Delia Derbyshire appassionata di suono e tecnologie che già produceva loop come solo il piu’ strafatto Jonny Greenwood dei Radiohead sa fare

Ascoltate il pezzo nel link seguente e quando sentirete un musicista parlarvi di come suona all’avanguardia il suo ultimo disco per via dell’elettronica potrete dirgli che è roba vecchia di 50 anni

Delia’s experimental dance track

 

Poi mi alzo una mattina e ringrazio che un nuovo giorno è cominciato. Ascolto un pezzo di Mr.E (personaggio di cui voglio assolutamente parlare) e mi rendo conto che non mi interessa se la musica andrà un giorno oltre le forme consuete. Finchè ci saranno persone come Mark E Everett va tutto bene cosi’.

O di qualunque altro artista che per un istante ti lasci a bocca aperta. Oppure racconti qualcosa di sè che faccia pensare anche a quello che ti è successo oggi. Mi basta questo. Ah e poi vedere un giorno al benzinaio Shell Giovanni Allevi chiedermi se puo’ controllare l’olio e il liquido lavavetri. Beh non si può avere tutto nella vita. Thank you R’n’R.

“Whatever’s wrong with me
Her kiss redeems
And it’s all there
In my dreams”

Cibo in scatola

Vi piace mettere le cose nelle scatole e fare ordine? A me si personalmente. Cioe’ non sono un FANatico della pulizia dei pavimenti e dello swiffer ma inscatolare mi da’ l’illusione di controllo su quello che mi succede. Una felicità a basso costo via.

E’ un po’ questa l’esigenza del dover identificare e definire i generi musicali, una approssimazione (o invenzione) nata per facilitare il lavoro di ricerca all’interno di un negozio di dischi (il primo piano per la musica gotica, il secondo per il black metal ecc.) Ecco che ora non ci sono piu’ e quindi c’è solo in Itunes, che oltre ad essere un programma orrendo ti suggerisce anche quale canzone ascoltare in base al genere che si ascolta piu’ frequentemente.

Sento l’urgenza di dover fare tre belle scatole dentro cui mettere rock, jazz e pop. Cosi per tracciare l’unica linea di separazione che secondo me ha senso definire. Siccome non sono un critico musicale, e non ho la cultura per portare avanti un discorso fatto di esempi mi concentrero’ su massimi sistemi di natura filosofica. Un po’ come farebbe Hegel ma senza contraddirmi ogni due definizioni come fa lui…

Pop: il genere dello sviluppo esteriore di sè. Proiettare un’immagine di un doppio dell’artista che esiste solo nel momento in cui aprite un sito, andate al concerto o premete play sul vostro lettore mp3.
Se la vita fosse come in un concerto pop, non avreste mai il mal di testa e forse non dovreste andare al lavoro. Un ente benefico farebbe assegnare mensilmente un’ingente somma di denaro ma voi non vi sentireste in colpa. Perchè i cattivi sentimenti e le spiacevoli sensazioni non esisterebbero. Non avreste bisogno di fare diete e sareste sempre su di giri (ma senza fare cazzate o schiantarvi in macchina). Chiunque  nella stanza vi guarderebbe come se voi foste il tipo piu’ fico o la ragazza piu’ carina. Ma senza opprimervi o farvi sentire a disagio. Un po’ come quei sogni dove tutto fila liscio e non vi svegliate sul piu’ bello.
Un eterno party senza la scesa finale, il 2 di picche, il vomito o la foto in cui fate la faccia da deficente.

Jazz: il genere dello sviluppo interiore di sè. La vita è una dedizione costante ad un’arte, un’arte tanto antica quanto complicata a cui bisogna donarsi completamente. E quest’arte vi porterà via tutto. Per prima la salute, poi i soldi e il vostro tempo. Probabilmente gli affetti e infine la normalità. Ma saprete fare cose che pochi praticano. Solcare alla velocità della luce le vette della perfezione e oltre. Oltre la perfezione si…non un gradino sotto. Come Uma Thurman in Kill Bill potrete uscire da una bara sottoterra ed eliminare decine di agguerriti killer professionisti armati di una spada. Come Bruce Lee immersi nell’universo e in perfetto accordo con esso. La gravità e la forza dell’avversario saranno a vostro vantaggio. Siete oltre e lo sapete, avete raggiunto con un assolo l’equivalente della teoria della relatività di Einstein. Ma in pochi vi ascoltano e vi considerano un tipo difficile e scontroso. E cosa peggiore i vostri cd sono in vendita a 4.99 euro mentre l’ultimo dei Moda’ costa 18 euro.

Rock: Qui non c’è nessun sviluppo. Forse apparentemente ma in sostanza la vostra vita non va da nessuna parte. C’è sempre un problema, manca sempre qualcosa e voi vi sentite fuori posto. Siete ad una festa ma non conoscete quasi nessuno e non ci sono alcoolici. E allora vi lamentate. Per un attimo vi sentite qualcuno ma quando avete finito di sfasciare i sanitari dell’albergo e la TV è finita in piscina sentite la noia attirarvi verso l’oblio. Avete presente la sensazione quando lei se è andata e si è sposata un altro? Vi ha fatto capire che in fondo voi non eravate nulla se non un incidente di percorso e potreste stare a pensarci su un’intera vita ma lei non tornerà mai. E’ inutile che guardate quella porta, non si aprirà. Ed è anche inutile che speriate che questa ferita si rimargini prima o poi.
Ci sarà sempre qualcuno o qualcosa pronto a riaprirla.
Ognuno di noi si è sentito cosi almeno una volta, non c’è niente da fare….
Ecco per descrivere questa sensazione, come disse qualcuno di intelligente, il rock non parla di quello che c’è ma di quello che non c’è. (Forse l’ho già detto e mi sono ripetuto). Siete dei buoni amici e dite le cose come stanno… Anche se avete suonato per 30 anni su palchi con 1 millione di watt ora anche i DJ ‘suonano’ e vendono piu’ di voi. E questo vi fa sentire inutili e sorpassati ma anche con la coscienza a posto. L’onesta’ prima di tutto.

Tutto vi suona cosi limitante? Per vostra informazione esistono questi generi il jazz-rock e il pop-rock. Weather Report e Avril Lavigne.

A mio padre piace Avril e dice pure che ha una bella voce, del resto non sa chi sono i W Report e questo lo trovo eternamente ingiusto.
C’è un buco nel mio secchio ma Nick Drake stasera si sente come me e mi fa compagnia. Nick Drake è rock.

Nick Drake – place to be

httpv://www.youtube.com/watch?v=T9kHJduya7Y

When I was younger, younger than before
I never saw the truth hanging from the door
And now I’m older see it face to face
And now I’m older gotta get up clean the place.

And I was green, greener than the hill
Where the flowers grew and the sun shone still
Now I’m darker than the deepest sea
Just hand me down, give me a place to be.

And I was strong, strong in the sun
I thought I’d see when day is done
Now I’m weaker than the palest blue
Oh, so weak in this need for you.

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Quand’ero giovane, più giovane che mai
Non ho mai visto la verità pendere dalla mia porta
Ora sono vecchio, e la vedo faccia a faccia
Ora sono vecchio, devo ripulire questo posto

Ed ero verde, più verde della collina
Dove i fiori crescevano e il sole calmo splendeva
Ora sono più scuro del più profondo mare
Allora dammi, dammi un posto in cui stare

Ed ero forte, forte sotto il sole
Pensavo che avrei visto il giorno tramontare
Ora sono più debole del più pallido blu
Oh, così debole perché mi manchi tu

Beth

Beth Orton – Concrete Sky (acoustic version)

Beth Orton, una che ha perso entrambi i genitori per la stessa malattia che ha poi colpito anche lei, che sembra averla lasciata in pace per ora. Poi arrivano due bambini e nel 2012 esce il suo nuovo disco “Sugaring Season”.

“Che cosa sono i rimpianti? / Sono solo lezioni che non abbiamo ancora imparato”

Lei affronta con serenità le condizioni più difficili ed è l’esempio di un artista tanto umile quanto completa e semplice. Come la sua voce, esile e sottile, a tratti sofferta ma solida e presente.

Dicono che le tue canzoni siano tristi. Jeff Tweedy, un altro accusato di scrivere solo cose tristi, mi diceva che è proprio quel tipo di canzoni a renderlo felice. E a te?
Anche! Non ho mai capito che cazzo vuol dire “essere felice”, come se essere felici volesse dire dimenticarsi della vita vera, non essere in contatto con se stessi fino in fondo. Mi urta questa ossessione del dover dimostrarsi felici e contenti a tutti i costi. Non esiste proprio… L’essere umano è qualcosa di così complesso e multidimensionale, pieno di emozioni e di desideri… E io mi sento così: piena di emozioni e cerco di comunicarle tutte. In una parola: mi piace essere viva!

 

(Paolo Vites, JAM n.85)